Presso la Parrocchia Santo Stefano di Sesto San Giovanni, nell’ambito del progetto dei Corridoi Umanitari di
Caritas Ambrosiana, sono state accolte due famiglie eritree, provenienti dai campi profughi dell’Etiopia.
Il loro percorso di accoglienza si è concluso recentemente, dopo poco più di due anni dal loro arrivo in
Italia.
Da un certo punto di vista è stato un percorso come quello di tanti altri richiedenti asilo accolti dalla
cooperativa: ottenere i documenti, apprendere la lingua, capire come funzionano i diversi servizi, imparare
a muoversi in città… Eppure quello delle due famiglie allo stesso tempo è stato un percorso completamente
diverso: sapevamo che sarebbero arrivate, le abbiamo aspettate, ci siamo preparati al loro arrivo,
un’operatrice è andata a Roma ad attenderle in aeroporto e ha fatto con loro il viaggio in pullmino fino a
Milano, mentre gli altri allestivano l’appartamento destinato a ospitarle.
“È stata un’esperienza molto intensa: abbiamo accolto queste persone nell’esatto istante in cui sono
sbarcate dall’aereo, siamo stati i primi volti che hanno incontrato e conosciuto in Italia, le prime braccia a
cui si sono affidate o hanno affidato il proprio bimbo addormentato, gli sguardi di fronte ai quali si sono
sentite libere di riposare dopo un viaggio estenuante, serene di aver finalmente raggiunto la meta. In due
anni di accoglienza hanno fatto un salto incredibile, quasi un triplo salto mortale. Sono passati dal non aver
mai visto una scala mobile al sapersi muovere in autonomia per tutta Milano sulla rete della metropolitana.
E oggi riceviamo messaggi vocali di saluto e ringraziamento in italiano correttissimo”, raccontano Martina e
Rosy, educatrice e coordinatrice del progetto.
Tutto questo è stato possibile grazie al lavoro incessante degli operatori e alla presenza costante e capillare
dei volontari della parrocchia, che li hanno accompagnati e sostenuti di fronte al disorientamento e allo
spaesamento iniziali, e hanno cercato di renderli partecipi della vita della loro comunità. Ma è stato
possibile anche perché le due famiglie hanno scelto di fidarsi e accettare la sfida di essere catapultate in un
mondo completamente diverso da quello a cui erano abituate, trovando quotidianamente il punto di
incontro tra il proprio passato e il presente. E a loro volta hanno invitato operatori e volontari a partecipare
alle feste e agli eventi più importanti della loro vita, diventando così famiglie tra altre famiglie.
In questi due anni entrambi i nuclei hanno costruito le basi per il proprio futuro in Italia e oggi, tra timori,
incertezze e speranze proseguono il loro percorso in autonomia.
Ci lasciano il ricordo di tanti momenti condivisi, di un tratto di strada intenso e a volte faticoso percorso
insieme, e l’esperienza di un modo di fare accoglienza che ha generato incontro, prossimità, umanità.

Per approfondire “I corridoi umanitari hanno dato frutti, ma l’accoglienza non è finita” di Francesco
Chiavarini