di Sara Peroni coordinatrice del CAS Casa Suraya

Il corridoio non mi sembrava così lungo quando la mamma mi portava sulla schiena… adesso che avanzo da solo barcollando sembra non finire mai. Ma è così divertente, un passo dopo l’altro, arrivare alla fine tra le braccia della mamma che mi aspetta, o aggrapparmi alla gamba di quella signora che sta lì a guardarmi sorridente e mi dice che sono bravissimo. Già, perché finalmente ho imparato a camminare.

Ho un anno, un mese e 12 giorni, sono nato nel bel mezzo del lockdown e vivo con la mia mamma in una casa grandissima insieme a tante altre persone.

A me piace tanto quando la mamma mi porta da Monica, la dottoressa dei bambini, al secondo piano, perché parla con calma, è gentile, sento che fa tante domande alla mamma, le chiede come sto, cosa mangio, e poi le spiega tante cose, e anche la mia mamma fa tante domande alla dottoressa. Quando non sto bene e la mamma è preoccupata la dottoressa riesce sempre a tranquillizzarla e io sono contento, perché non mi piace vedere la mamma con la faccia scura.

Qualche settimana fa qualcuno ha dato alla mia mamma un biglietto, c’erano scritti i nostri nomi e sembrava l’invito a una festa. Due giorni dopo la mamma mi ha portato in giardino: c’erano dei tappetini di gomma e delle coperte in un angolo, c’erano l’infermiera Elisa che lavora con i bambini e Monica educatrice, e poi c’erano altri piccoli come me, con le loro mamme. Già, perché a Casa Suraya siamo nati in 8, durante la prima ondata della pandemia. E quel giorno eravamo tutti lì, in giardino, seduti nel prato. C’erano dei giochini per noi, e le mamme si sono messe a chiacchierare. Io ogni tanto mi giravo a guardare gli occhi della mia mamma, per controllare che fosse tutto a posto, e mi è sembrata serena e felice. E così anche io sono andato avanti a giocare sereno e felice.

Questo momento è diventato un appuntamento fisso: tutte le settimane, il giovedì mattina, scendiamo in giardino e ci sediamo nel prato. Le mamme parlano con l’infermiera e l’educatrice e intanto noi giochiamo. Le ho sentite parlare della nostra nanna, della pappa.

Un giorno Monica ed Elisa avevano preparato per noi un piccolo scivolo e un tubo azzurro lungo lungo. Dopo un po’ la mamma mi ha portato all’inizio del tubo e mi ha invitato ad entrare: io mi sono guardato un po’ in giro, ho guardato la mamma che sorrideva e mi incoraggiava, mi sono fatto forza e sono entrato gattonando. Wow! Mi sono fermato in mezzo e mi sono voltato a cercare la mamma: non c’era più! Una frazione di secondo di smarrimento e poi ho sentito la sua voce che mi chiamava dall’altra parte… ecco la mia mamma, mi aspetta alla fine del tubo! E così ridendo e gridando di entusiasmo mi sono rimesso a gattonare e sono arrivato in fondo al tunnel.

La settimana scorsa sul tappeto c’erano tante cose colorate, che i grandi hanno chiamato libri. Ho sentito che parlavano dell’importanza di leggere le storie a noi bambini, di guardare i libri insieme. Alla fine dell’incontro l’educatrice e l’infermiera hanno fatto scegliere un libro a ogni mamma: la mia ne ha scelto uno con tante figure e le pagine di cartone, l’ha portato in camera e ogni tanto ci mettiamo a guardarlo insieme. E adesso tutte le sere, prima di dormire, mi racconta la storia del coniglietto che va a fare la nanna proprio come me.

C’è un’altra storia che la mamma mi racconta spesso, parla di documenti, di una scuola per me, di un lavoro per lei… La mamma dice che un giorno, presto, andrò a scuola, così lei potrà iniziare a lavorare. Ma i bimbi come me sono tutti qui a Casa Suraya, i grandi vanno a scuola, noi piccoli no. Anche se in ufficio hanno dato alla mamma un foglio con scritto sopra che sono stato iscritto al nido, ma quando è tornata a chiedere se potevo iniziare ad andare a scuola le hanno risposto che no, che sono ancora in lista d’attesa.

La mamma dice che questa non è la nostra casa, che un giorno le daranno i documenti, ne avremo una tutta per noi, dove lei potrà cucinare tutto quello che ci piace, dove avrò una camera tutta per me, con tanti giochi. Quando mi racconta questa storia la mamma sorride, ha gli occhi luminosi e a me piace tanto guardarla, perché all’improvviso mi sembra che sia proprio felice.

Io non so se un giorno la storia che mi racconta la mia mamma diventerà realtà… io penso che qui ci siano tante persone che ci vogliono bene, che aiutano la mamma quando non capisce, che le ricordano gli appuntamenti, che le spiegano come prendersi cura di me. Io penso che un pochino lei si senta a casa. E io sicuramente, tra le sue braccia, sono a casa.

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