di Sara Clerici educatrice “Casa Papa Francesco” SAI Cinisello

Due giovani provenienti dal Gambia raccontano il loro arrivo in Italia, gli ostacoli, le sfide, gli incontri che li hanno portati dove sono ora, ospiti a Casa Papa Francesco, nel SAI Cinisello, finalmente “a casa”.

Il mio primo impatto con l’Italia è stato forte e difficile. Non è tutto esattamente come ti raccontano prima di partire, come immagini che sia mentre sei in viaggio e sogni la meta con tutte le tue forze. Ma io mi sono detto fin da subito che ce la dovevo fare, che ce la potevo fare… e mi sono messo ad affrontare le difficoltà, una per una, passo dopo passo. Se ripenso oggi alla mia storia, da quando sono arrivato in Italia ad oggi, ci sono due cose fondamentali che mi hanno aiutato a costruire le basi per il mio futuro: la lingua italiana e il calcio.

L’italiano è stato un modo per connettermi alle altre persone, per non rimanere da solo, o per non rischiare di rimanere legato solo ai pochi miei connazionali che conoscevo qui in Italia. Ho vinto quel poco di timidezza che avevo all’inizio e ho iniziato a non preoccuparmi di quello che potevano pensare di me e dei miei errori quelli che parlavano con me. Non mi interessava sbagliare, anzi… quello era il modo giusto per imparare bene la lingua! Se sei straniero e devi imparare l’italiano… devi parlare, provarci, perché se non parli non puoi sbagliare e quindi non puoi migliorare. Oggi mi dicono che parlo italiano meglio di tutti quelli che ridevano dei miei strafalcioni, anche se a me sembra sempre di avere ancora un sacco di cose da imparare.

E poi c’è stato lo sport, in generale, ma soprattutto il calcio, che è la mia passione. Giocavo a calcio già in Gambia, ma litigavo sempre con i miei compagni. In Africa è così, c’è molta competizione. In Italia ho scoperto che c’è un modo sano di entrare in competizione con gli altri, ho scoperto che esiste la sportività. Così il calcio è stato un altro elemento che mi ha portato a stare bene, a trovare la serenità, a insegnarmi a fidarmi degli altri. Con il calcio ho conosciuto tante persone, persone belle e di buon cuore che ora sono diventate amicizie molto importanti per me. All’inizio, quando ero molto giovane, sognavo di venire in Europa perchè volevo diventare un calciatore professionista, ma il percorso che ho fatto mi ha portato a scoprire che nella mia vita ci sono altre priorità e obiettivi che mi interessano di più. Ora per me il calcio è divertimento, aggregazione, socialità, integrazione.

È stato così… quando sono arrivato qui in Italia mi sentivo solo, disorientato, perso. Lo sport e la lingua italiana mi hanno permesso di entrare in relazione con gli altri, mi hanno fatto sentire parte di qualcosa. E questo per me è casa. (A. – 25 anni, Gambia)

 

Sono arrivato in Italia dal Gambia oramai un po’ di anni fa. Ci sono stati tanti momenti difficili, nella mia vita, in cui mi sono sentito perso, non sapevo come fare. A un certo punto mi sembrava di non avere più speranze e ho iniziato a pensare anche di lasciare l’Italia. Nel 2019 sono stato ricoverato in ospedale per circa un mese, per un grave problema di salute, ho perso il lavoro, ho perso la casa… e avevo un permesso di soggiorno da rinnovare. Già, perché io sono affetto da anemia falciforme. Ed è stato in quel momento che la mia vita ha iniziato a cambiare, soprattutto grazie all’incontro con due persone speciali: la dottoressa del reparto dove ero ricoverato e Francesca, la consulente legale che lavora nel Centro dove abito ora. Loro si sono occupate di me e mi hanno guidato.

Con la dottoressa è nata una grande empatia: fin da subito mi ha ascoltato e ha capito quanto fossi in difficoltà nella gestione della mia malattia. Io ho sentito la sua vicinanza, mi sono sentito accolto e compreso e mi sono reso conto che quello che stava facendo per me andava ben oltre il suo lavoro.

Anche Francesca mi ha ascoltato e ha capito che mi sentivo perso e solo… Lei mi ha aiutato a trovare una famiglia, un posto dove mi sento protetto.

E così, grazie a loro, ho smesso di stare continuamente male, come mi capitava nei primi anni dal mio arrivo in Italia: ora sono riuscito ad ottenere la cosa per me più importante al mondo, l’aiuto per risolvere i miei problemi di salute. La mia malattia non vince più su di me, ho imparato a conoscerla e gestirla, perché qui nel SAI di Cinisello sono in un posto sicuro e accogliente.

Io mi ritengo molto fortunato e sono grato alle persone che ho incontrato sulla mia strada, perché, oltre ad avermi offerto la loro professionalità, mi hanno incontrato come essere umano, andando al di là del loro mestiere, e mi hanno aiutato a creare legami e stabilità. Ora quando me lo chiedono, non ho più dubbi… l’Italia è la mia casa, qui mi sento a casa. (M. – 23 anni, Gambia)

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