di Gianmarco, Ida e Silvia, volontari presso il Centro SAI Gorlini

Ci sono quelli che ogni tanto si stufano: della città, della routine, delle cose fatte in quella maniera perché è giusto che sian così, senza che nessuno sappia realmente chi le ha decise e quando.

Forse anche noi siamo fatti così: ogni tanto, un interesse che magari non è ben chiaro ma che fa parte del nostro substrato umano ci spinge a cercare altre “realtà”, quelle magari meno evidenti, meno spalleggiate, meno sostenute, meno conosciute. E tutti questi meno appena citati fan tornare con la mente ai tempi delle scuole medie, dove han provato ad insegnarci che “meno per meno fa più”!

Difficile convincersi che meno per meno possa davvero fare più… perché a livello matematico, come si fa a crederci? Meno due mele per meno due mele fan zero mele e nessuno mangia niente: questa è pura matematica intestinale! Ma noi umani, avendo una componente mistica e misteriosa, possiam far magie e a volte proprio miracoli.

E allora, forse, è proprio la matematica, nel senso per noi più fine, cioè di logica, a portarci qui a Gorlini. E in caso di logica esistenziale: per far quadrare i conti che non tornano nella routine che reprime e stride, per nutrirci di sorrisi così belli che sembra non bastan due bocche per contenerli, ma anche per veder volti che si portan dietro le tracce della nostra imperfezione… Perché ogni cosa è utile, anche la routine, per stufarsi della sua esistenza.

E così un giorno può capitarti di iniziare per caso, a far fare i compiti a due bambini azeri ospiti del centro, instauri un rapporto di amicizia e stima. Loro escono da Gorlini con la loro famiglia e tu continui ad accompagnarli, ad affiancarli nello studio, andando a casa loro. Una sera ti invitano a cena, per ringraziarti, e ti ritrovi a guardare spettacoli teatrali allestiti dal padre dei ragazzini, in qualità di scenografo e regista, quando era ancora nel suo Paese, e ad ascoltare una storia che parla di persecuzioni e finalmente di pace, di integrazione in una nuova terra e in una nuova casa.

Oppure può capitarti che ti venga chiesto di insegnare a cucinare a K., che viene dall’Etiopia, a te, che ai fornelli non ti senti certo un’esperta. I colori, i profumi e i piatti sono quelli della cucina italiana. I racconti e le chiacchiere sono quelli di due donne del Mondo, vicine di casa, poi di sorrisi e in un attimo, anche di cuore, nonostante la barriera linguistica.

Un giorno organizzate di cucinare il suo piatto nazionale, lo zighinì. K. Arriva con le pentole, il peperoncino, quello giusto, la farina per fare il pane di accompagnamento, tanto entusiasmo e un sorriso che supera qualsiasi barriera, perché è felice di quel momento e quell’appuntamento. Perché è a casa tua, che diventa anche casa sua… e ricorda a noi esseri umani, che in ogni posto del Mondo si può essere a Casa!

Poi un giorno ti fermi, ti guardi per un secondo alle spalle, e ti accorgi che sono più di vent’anni che frequenti Gorlini come volontario… hai fatto la baby-sitter, hai fatto accompagnamenti e commissioni, hai fatto corsi di italiano a un sacco di persone, soprattutto giovani, e con molti di loro sei rimasto in contatto anche dopo che hanno lasciato il centro.

Hai sfruttato il fatto di non essere un’insegnante di professione per costruire una didattica non convenzionale, ci hai messo un po’ di teatro, per farti comprendere meglio anche da chi magari non è mai andato a scuola nel suo Paese e si trova a scontrarsi con le difficoltà dell’italiano. Perché imparare la nostra lingua non significa solo conoscere i verbi e la grammatica, ma imparare a conoscere una nuova realtà, regole, usi e costumi spesso diversi da quelli a cui erano abituati. E non importa se è sera e hai alle spalle una giornata intensa di impegni, quando esci dall’aula in cui hai fatto lezione ti senti carico di allegria ed energia.

Posti come Gorlini ci aiutano a ricordarci di credere che l’impossibile può diventare possibile, che veramente meno per meno possa fare più, che alcuni incontri possano avvenire, quasi per magia, anche al di là delle barriere linguistiche o delle limitazioni e delle mascherine imposte dal Covid.

Si varca un cancello, una soglia, la prima volta magari un po’ per caso e un po’ per incoscienza o curiosità, e ci si ritrova a condividere un tratto di strada, a donare tempo, mani, competenze, fantasia, a spalancare il proprio cuore e la propria vita, lasciarsi attraversare da storie e racconti, e scoprirsi contaminati e cambiati dall’incontro con l’altro.

Ma ogni buona idea non va avanti da sola, ha bisogno di chi la sostiene. Per cui Gorlini è in primis le persone che ci lavorano dentro e se ogni volta che si arriva qui si respira aria “de buena onda”, detto alla sur americana, è proprio grazie a loro.

Forse è difficile trovare le parole giuste per descrivere questo posto e quello che si prova… ma come spesso si sente dire “basta il pensiero”, e se non dovesse bastare il pensiero… ancora meglio, così c’è più spazio per la fantasia di chi ascolta e per quel pizzico di curiosità che può far nascere il desiderio di provare a vedere con i propri occhi che la matematica a volte è proprio un po’ magia.

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