di Francesco Sdraiati responsabile di area stranieri
In uno spazio e in un tempo sempre più attraversati da processi di globalizzazione, ci troviamo oggi a vivere in un mondo segnato dai confini.
Confini tra Stati e nazioni, tracciati con la speranza di poter semplificare una realtà che diventa ogni giorno più complessa e con l’illusione di preservare un ordine e un equilibrio solo apparentemente stabili.
Confini definiti per superare la paura dell’altro, che si fanno voce e azione, attraverso norme che nascono con il desiderio di tutelare e finiscono con il generare differenze e disuguaglianze, tra chi possiede e chi non possiede, tra chi può muoversi e chi è costretto all’immobilità, tra chi è cittadino e quindi titolare di diritti e chi no.
Confini a volte invisibili, che vivono dentro le persone, nel colore della loro pelle, nel taglio dei loro occhi, nella lingua che parlano. Perché i confini plasmano la nostra idea del mondo e dell’altro.
Eppure, l’Uomo da sempre si è messo in viaggio, alla ricerca di una vita migliore, alla scoperta dell’ignoto. Da sempre l’Uomo valica confini, attraversa frontiere, si fa straniero, migrante o rifugiato. E da sempre l’Uomo incontra il diverso, apre uno spazio all’estraneo, accoglie, ospita.
Da quasi 30 anni lavoriamo accanto a chi ha attraversato frontiere invalicabili, a chi ha pagato in lacrime e dolore il pedaggio necessario a superare una linea arbitraria, a chi ha vissuto nella propria carne e sulla propria pelle il confine invisibile imposto dallo sguardo dell’altro.
In un mondo che cambia velocemente, noi scegliamo di non tirarci indietro e di abitare la contemporaneità, scegliamo di fare parte del presente fatto di incoerenze e complessità, che si riflettono nelle norme, nei sistemi. Perché crediamo ancora nella possibilità di agire concretamente, pur nella contraddizione, operando quotidianamente un discernimento dentro le crisi umane.
Da quasi 30 anni scegliamo di abbracciare e amare il confine, come soglia, luogo di possibilità e ospitalità, punto di incontro con lo straniero, rifugiato o migrante, che, chiedendo accoglienza in una lingua che non è la sua, chiede semplicemente che sia riconosciuto il suo diritto ad abitare la Terra.
Scegliamo di stare sulle frontiere, di gettare lo sguardo al di là, per aprire spazi in cui poterci riconoscere, tra estranei, Altri, esseri umani, membri della stessa comunità planetaria, titolari degli stessi diritti.
Scegliamo di guardare il diverso con occhi capaci di non negare le differenze, né di rinchiuderle dentro a confini sterili con l’illusione di proteggerle e preservarle, e scegliamo ogni giorno di imparare ed educare l’arte del dialogo, dell’ascolto reciproco, della contaminazione che genera terreno fertile, crescita, nuove opportunità.
Crediamo fermamente nella possibilità di generare sguardi nuovi, capaci di apprezzare e valorizzare le differenze, di abitare i confini come luoghi di incontro e fertilità, di riconoscerci tutti parte di un’unica Umanità, perché non c’è un’altra strada possibile. E per questo continuiamo a lavorare e attraversare le contraddizioni del presente.
– Riflessioni liberamente ispirate da “Io sono confine” di Shahram Khosravi –

Andrea Lavaria Photography